La felicità è un concetto così centrale nella vita di tutti noi, nonstante non ci fermiamo spesso a considerare cosa, esattamente, la felicità sia e perché lavoriamo così instancabilmente per raggiungerla.
Per molti, la ricerca della felicità non è solo un’idea astratta, ma un principio così integrante per l’umanità che è stato incluso nella
Dichiarazione d’Indipendenza Americana, alla pari con la vita e la libertà. Chiaramente, è stato considerato un aspetto della vita estremamente importante dai fondatori degli Stati Uniti d’America, e questa ricerca sembra altrettanto rilevante oggi come lo era quasi due secoli e mezzo fa.
L’Italia ha preferito dichiarare a tutti di essere fondata su un ben diverso principio o valore, ossia il lavoro. Secoli di condizionamento cattolico hanno condotto il nostro popolo a impostare la propria vita sociale su qualcosa che si identifica con fatica e sofferenza, anziché con l’aspettativa e la costruzione di un mondo più felice per tutti. Infatti, non c’è alcun motivo logico e plausibile per sottolineare come valore fondamentale di una Nazione il lavoro, dal momento che non esiste altra attività umana sulla quale possano fondarsi la convivenza e il progresso. Che una società o una nazione si fondi sul lavoro, dunque, è un dato assolutamente scontato. A parte questa breve parentesi, torniamo al cuore della riflessione.
Gli esseri umani, come specie, sono costantemente alla ricerca della felicità. Che la cerchino dentro di sé o da fonti esterne, che la considerino una disposizione d’animo sempre allegra o un senso di tranquilla soddisfazione, gli umani sono ossessionati dalla felicità. Non sorprende, quindi, che sia nata la psicologia positiva, dedicata allo studio della felicità e ad altri aspetti positivi ed esperienze nella vita. È anche meno sorprendente che una grande quantità di ricerche, dall’interno e dall’esterno di questo ramo, siano state dedicate all’applicazione di emozioni positive al miglioramento delle vite umane.
Le emozioni svolgono un ruolo significativo nelle nostre vite quotidiane. Anche il più logico e distaccato degli individui sente ed è influenzato dalle emozioni. Come la felicità, le emozioni sono una parte così integrante della vita che è difficile definire, per non parlare di come misurare e quantificare le emozioni che emergono frequentemente in ognuno di noi, sia consciamente che inconsciamente. Ci sta provando il Bhutan, un piccolo stato asiatico e il primo al mondo ad aver sostituito il PIL con il ‘FIL’, ovvero Felicità Interna Lorda. Il che, tradotto in pratica, vuol dire che le scelte governative seguono un criterio diverso da quello del profitto, ma tendono a promuovere il benessere e la ricchezza immateriale dei cittadini. Ad esempio, il governo ha rifiutato una grossa somma di denaro da parte dell’India, per costruire un’enorme diga al confine, pur di preservare il paesaggio che sarebbe stato irrimediabilmente distrutto. Questo piccolo stato ha davvero molto da insegnarci.
Alcuni ricercatori hanno provato a studiare la felicità più da vicino, affrontando le domande che le emozioni pongono per il solo fatto di esistere, anche se la considerazione filosofica delle emozioni umane può essere fatta risalire alle origini della storia umana. La parola ‘emozione’ può significare cose diverse per ogni individuo, ma alcune definizioni comunemente usate nella ricerca includono quella di Michel Cabanac, che afferma:
“[l’emozione] è qualsiasi esperienza mentale ad alta intensità
e ed alto contenuto edonico (piacere/dispiacere)”
(Cabanac, 2002)
In altre parole, le emozioni sono studiate come risposte mentali complesse agli stimoli con una valenza generale che si orienta al positivo o al negativo. Nella concezione di Cabanac, le emozioni positive sono facili da concettualizzare: sono esperienze mentali ad alta intensità che tendono verso l’estremità piacevole dello spettro edonico.
Fredrickson ha delineato le dieci emozioni positive più comunemente vissute (Henley, 2009), che includono:
Gioia
Gratitudine
Serenità
Interesse
Speranza
Orgoglio
Divertimento
Ispirazione
Senso del meraviglioso
Amore
La maggior parte delle persone concorda sul fatto che sforzarsi di aumentare le proprie esperienze di queste emozioni è un motivo valido in sé per vivere, e molti ricercatori dimostrano anche risultati desiderabili nell’applicazione e nell’incoraggiamento a vivere queste emozioni.
Ma a cosa servono le emozioni positive?
Barbara Fredrickson ha introdotto la ‘teoria dell’ampliamento e della costruzione delle emozioni positive’ nel 1998. La teoria fornisce una spiegazione convincente del motivo per cui esistono e dello scopo delle emozioni positive: aprire le nostre menti, ampliare ed espandere la nostra consapevolezza e facilitare la costruzione e lo sviluppo delle risorse, tra cui conoscenze, abilità, abilità e relazioni.
Nelle parole di Fredrickson stessa: “[…] queste emozioni positive ampliano il repertorio momentaneo di azione-pensiero di un individuo: la gioia scatena la voglia di giocare, l’interesse accende la voglia di esplorare, l’appagamento scatena l’impulso di assaporare e integrare, e l’amore scatena un ciclo ricorrente di ognuno di questi impulsi all’interno di un ambiente che offre sicurezza e relazioni intime.”
La ricercatrice vede le emozioni positive come segnali interni che incoraggiano il comportamento di approccio, motivando le persone ad adattarsi nel loro ambiente ed esplorare nuove persone, idee e situazioni. L’idea è che quando le persone sono aperte a nuove idee e azioni, allargano i loro orizzonti, imparano e crescono come individui.
Fonte: UNIPSI 2021
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