In questo articolo parliamo di counseling e delle sue peculiarità a confronto con altre metodologie di aiuto psicologico.
Anzitutto proviamo a definire il counseling in modo lineare, sintetico e condivisibile. Anche se potrebbe sembrare semplice, in realtà non lo è, per via della natura complessa di questa forma di aiuto.
Una definizione che trovo interessante è quella di DI Fazio [2003, 41]:
Il counseling è un intervento psicologico finalizzato a migliorare il benessere individuale e ad incrementare le abilità personali per aumentare il funzionamento adattivo dell’individuo sia a livello personale che interpersonale, perfezionando e implementando la qualità della sua vita, la mobilitazione delle risorse personali per il fronteggiamento, la risoluzione e il superamento di crisi (non patologiche), siano essere evolutive o accidentali.
Tale definizione mette in evidenza la posizione che considera il counseling come un intervento psicologico specialistico atto ad operare sulla salute più che sulla patologia. La differenza tra counseling e psicoterapia è sottile ma determinate. Ampliamo questo importante punto.
Sono entrambi degli interventi psicologici basati sulla comunicazione. Il counseling, però, mette al centro la persona, mentre la psicoterapia si concentra sulla diagnosi, sull’etichettare il paziente e sulla malattia. Da questa diagnosi si stabilisce un’opportuna psicoterapia, che può durare anche molto tempo. Il counseling, invece, ha dei tempi di risoluzione molto più brevi, in genere poche sedute.
Il ruolo fra i due soggetti cambia. Nel counseling è più paritetico, mentre nella psicoterapia è direttivo: lo specialista assume il ruolo di chi conosce la malattia e deve curarla. Questo è rivoltato nel counseling, dove è il cliente e solo lui che conosce quello che sta passando (e chi sennò?) e lui ha anche gli strumenti per superare le difficoltà. Il counselor è quella figura specialistica che lo aiuta in questo arduo percorso.
Inoltre ci sono altre distinzioni che andrebbero fatte.
Il counseling, in genere, si pone obiettivi più circoscritti, definiti e raggiungibili in un tempo relativamente breve. Spesso, anche se non sempre, si tratta di obiettivi pratici o con un chiaro risvolto concreto, come la necessità di prendere una decisione e di risolvere un problema. Nella psicoterapia, per contro, gli obiettivi possono essere molto più diversificati, più ambiziosi e intricati fra loro. Possono richiedere cambiamenti significativi della personalità, nel funzionamento o nell’adattamento dell’individuo.
Solamente la psicopatologia può affrontare problematiche connesse con la malattia e può, quindi, porsi obiettivi di cura in ambito clinico, mentre il counseling, per definizione, si colloca nel campo della ‘normalità’. Ogni individuo sano, nel corso della sua vita, può confrontarsi con momenti critici e necessitare di un aiuto per far fronte al cambiamento e per strutturare una nuova forma di equilibrio: in questo caso, si parla a pieno titolo di intervento psicologico di counseling. La psicoterapia, invece, interviene sugli aspetti patologici della crisi, la cui portata soggettiva è in grado di determinare nella persona o nel tessuto sociale scompensi e alterazioni significative.
Una delle principali e peculiari finalità del counseling riguarda il potenziamento delle risorse della persona, senza ricercare a tutti i costi l’origine delle difficoltà. Questo si ottiene lavorando nell’aumentare la consapevolezza circa il problema, facendo riflettere su nuove modalità e nuove soluzioni e stimolando un adattamento creativo all’ambiente. Il counseling ha come ottica privilegiata e come punto di partenza le condizioni di benessere portate dalla persona insieme alle sue difficoltà, mentre la psicoterapia costituisce un intervento di cura che parte dalla ricognizione del malessere del soggetto, per approdare alla guarigione dello stesso.
Da un punto di vista tecnico, nel counseling, il focus della comunicazione è soprattutto centrato sul problema vissuto dal cliente, come punto di partenza per esplorare le implicazioni che tale problema determina a livello soggettivo. L’attenzione è sul qui e ora della vita del cliente e della relazione cliente-consulente. Raramente nel counseling si tratta approfonditamente il passato del cliente e la sua storia, se non quando vi sono chiare implicazioni con la situazione problematica attuale.
Vediamo ora la differenza tra le principali figure di aiuto psicologico.
Cosa fa lo psichiatra?
Lo psichiatra è un medico e a lui spetta la somministrazione degli psicofarmaci. Se vi aspettate di fare una sessione di colloqui sulla vostra vita e i vostri problemi, non è la persona adatta. Solitamente (a parte qualche illuminato), vi vede una volta, vi prescrive il farmaco e il dosaggio corrispondente, e vi dà un appuntamento di lì a 1-3-6 mesi. Il focus dello psichiatra è il sintomo e la sua visione della malattia è prettamente biologico-neuronale.
Cosa fa lo psicologo?
In generale lo psicologo si occupa di sostegno, prevenzione, diagnosi o ricerca. Spesse volte lo psicologo frequenta Master e percorsi formativi ulteriori per arricchire il suo bagaglio di competenze. Non essendo medico, non somministra psicofarmaci ma può fare delle valutazioni diagnostiche e indirizzare il paziente verso una visita psichiatrica.
Cosa fa lo psicoterapeuta?
Lo psicoterapeuta è l’unico professionista con il quale si affronta una psicoterapia per la risoluzione di qualsiasi disagio e problema psicologico. Si può andare in psicoterapia per attacchi di panico, per problemi di coppia o insoddisfazioni lavorative o relazionali, così come per disturbi più gravi come quelli alimentari o del comportamento, fino alle psicopatologie psichiatriche, per offrire sostegno e aiuto in concomitanza ad una terapia anche farmacologica. L’intervento dello psicoterapeuta ha come obiettivo quello di portare il paziente alla modificazione e cambiamento di comportamenti non sani e disfunzionali per lui, che sono alla base del suo stato di tensione, di disagio e di malessere.
Cosa fa il counselor?
I percorsi di formazione per diventare counselor durano 3 anni. A questi si può (ma non è obbligatorio) accedere come medici, psicologi, nutrizionisti, assistenti sociali, educatori, insegnanti, psicopedagogisti e infermieri. Generalmente si distingue fra lo stare nei vissuti del presente, da parte del counselor, e il poter accedere invece al passato del cliente, per lo psicologo/psicoterapeuta. Inoltre il counselor si occupa di situazioni che riguardano l’area del benessere, avendo come focus il potenziamento dei punti di forza del cliente.
Infine una nota. Diffidate sempre riguardo a chi vi dice di essersi formati in qualche weekend diventando ‘counselor’. Purtroppo la mancanza di un’opportuna legislazione in materia, dà spazio a tanti sedicenti guaritori che nel giro di qualche giorno e frequentando dei brevi corsi, si autodichiarano counselor. Affidatevi sempre e solo a chi dimostra di aver frequentato Master triennali presso delle Scuole di Alta Formazione, certe e riconosciute.
Se vuoi approfondire cosa è il counseling del benessere, ti invito a leggere l’apposita pagina del mio sito e un articolo apposito sul blog.
Se ti stai chiedendo come si fa a riconoscere un bravo counselor, puoi leggere quest’altro articolo.
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