Sei mai andato a una di quelle sagre di paese, dove ci sono tanti piccoli stand in cui i produttori vendono i loro prodotti, come formaggi, salumi, vino, miele, marmellate, ecc.? Se sì, sai bene cosa succede quando ti avvicini incuriosito a uno di queste bancarelle. Il produttore ti offre di assaggiare dei pezzettini di formaggio o ti offre un bicchiere del suo vino. Ma perché lo fanno? In fondo, dare un pezzetto di formaggio a tutte le decine e decine di visitatori è un costo non trascurabile. Sono davvero così generosi da rimetterci?
Nel precedente articolo abbiamo visto i primi due principi: coerenza e simpatia. Vediamone qui altri due.
Il terzo principio è quello della reciprocità. Se una persona è gentile con noi e ci offre qualcosa gratuitamente, noi siamo più incline a restituirgli un favore. Per cui, dopo che abbiamo assaggiato qualche cucchiaino di marmellata, siamo più propensi a comprarne un barattolo. Tutti questi principi hanno una solida base scientifica e sono accettati da tutte le culture del mondo.
Facciamo un altro esempio. Quando ero ragazzino e Intenet ancora non esisteva, c’erano delle riviste di moda che venivano spedite a casa della gente, in cui si poteva scegliere un abito o delle scarpe, pagarlo e riceverlo via posta. Ricordo che queste riviste, che arrivavano gratuitamente nella cassetta di posta, erano sempre accompagnate da un piccolo regalo, qualcosa di semplice e poco costoso. Questo oggetto ‘regalato’ ai clienti, serviva per innescare il desiderio di reciprocità, rendendo il cliente più incline a comprare qualcosa per sdebitarsi. Ci sarebbero mille esempi. Ad esempio, quante volte ti è capitato di regalare un dono di Natale, solo perché l’altra persona ti ha precedentemente fatto un regalo?
Con queste sei armi, si possono ottenere grandi risultati, con minimi sforzi.
Un altro esempio scientifico, fatto alla Cornell University è molto indicativo. Lo scenario è rappresentato da uno studente di arte e da un altro suo collega, che lo studente non aveva mai visto prima. Quest’ultimo è in realtà un attore. I due studenti svolgono un compito didattico assieme, ad esempio giudicare delle opere. A un certo punto, l’attore esce con una scusa e quando rientra porta due lattine di Coca Cola fresche, una per sé e l’altra per lo studente. Nell’altro scenario, l’attore si limitava a rientrare a mani vuote. Al termine dell’esperimento, l’attore chiedeva allo studente un piccolo favore, come ad esempio comprargli dei biglietti della lotteria. È facile intuire in quale dei due casi l’attore riceveva un sì alla richiesta del favore. Gli studenti che avevano ricevuto la bevanda, infatti, erano inclini il doppio delle volte a ricambiare il favore.
Da questo possiamo trarre un insegnamento importante. Se vuoi che qualcuno acconsenta a una tua richiesta, prima donagli qualcosa, anche di piccola entità, ma che appaia di valore ai suoi occhi. Una concessione iniziale ti aiuterà a ottenere dopo qualcosa che vuoi.
Passiamo al quarto principo: l’autorità.
Tempo fa lessi un articolo che aveva dell’incredibile. Parlava di un esperimento per testare il principio dell’autorità. Un uomo veniva fatto sedere in una stanza con la testa e i polsi collegati a dei cavi elettrici. Poi veniva assicurato con delle corde alla sedia, in modo tale che non poteva muoversi. Dietro a uno specchio, un dottore in camice bianco e il soggetto che faceva da cavia erano davanti a una console con una manopola e una piccola levetta. La cavia aveva il compito di inviare una scossa alla persona seduta, seguendo le istruzioni del dottore. Ad esempio, questi diceva 30 Volt e la cavia doveva impostare tale valore con una manopola e abbassare la leva per far arrivare la corrente al malcapitato nell’altra stanza. Dopodiché la cavia doveva annotare su un diario la reazione dell’uomo alla scossa elettrica. In seguito il dottore aumentava il voltaggio, ad esempio a 80 Volt e la cavia doveva impartire una scossa ancora più forte. Il bello era che il dottore non era davvero un dottore e che il malcapitato era un attore che si contorceva al finto passaggio della corrente. Ma questo era ignorato dalla cavia, per lei l’uomo ogni volta soffriva. Ripetendo tante volte l’esperimento, con persone diverse, si è visto come l’ordine del dottore veniva sempre eseguito, anche quando il voltaggio arrivava a valori molto alti e l’attore sulla sedia si contorceva per simulare il dolore, gridando di liberarlo. Pochissimi a un certo punto si sono rifiutati di andare avanti, ma la maggior parte seguiva scrupolosamente quanto il dottore diceva di fare. Secondo me questo esperimento spiega molto bene quanto sia forte in noi la necessità di riferirsi ad altri, specie se sono autorità del proprio campo.
Tu accetteresti più favorevolmente la ricetta di un grande chef per preparare una bistecca oppure i consigli di tua cugina, che peraltro è vegetariana?
Se ci fai caso, esiste un naturale senso di deferenza verso l’autorità innato in noi. Ci viene insegnato sin dalla nascita. Per certi versi è un valore utile per la crescita dell’uomo e per la creazione di complessi sistemi sociali. Alcune istituzioni applicano questo principio alla lettera, fondandosi su di esso. Mi vengono in mente le religioni e tutti quei corpi fortemente gerarchici, come l’esercito.
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